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Insomma: c’erano mille motivi per cui Anì di Casarano potesse essere un tentativo nobile ma fuori fuoco, appesantito dall’ambizione. Invece, quello che è venuto fuori è con ogni probabilità il suo lavoro migliore. Quello più sfaccettato ma anche e soprattutto quello più incisivo, più interessante. Resta centrale la sua caratteristica più connotante: l’eleganza. Caratteristica che è stata la sua fortuna ma ogni tanto anche un limite, con una musica che qua e là era prigioniera della sua appropriatezza e non riusciva a spiccare il volo, ad entrare nei mari del coraggio e di un vero “livello superiore”. Pungolandosi da solo con un lavoro non scontato sull’elettronica (davvero ben fatti i pad atmosferici, e di grandissima qualità le linee di basso synth, a occhio la collaborazione di Nils Petter Molvaer con Sly & Robbie è stato un benchmark ben presente), accompagnato da prestazioni davvero ottime di Mirko Signorile al piano e Marco D’Orlando alla batteria, Casarano in più di una occasione il “livello superiore” lo ha qui raggiunto davvero. Vale per l’iniziale A piedi nudi, vale per Malaspina, vale per Julia, e volendo vale anche per la bellissima “sospensione” finale Trance In Space. Il dialogo artistico con Dhafer Youssef – con la sua voce e con il suo oud – funziona poi sempre alla perfezione, nelle tracce in cui entra in causa, ed anche l’esperimento/azzardo della contaminazione con l’hip hop non è male (con Bonnot e M-1 dei Dead Prez), tutt’altro, non affonda forse il colpo come potrebbe ma nemmeno deraglia o scompare dietro il didascalismo (cosa che invece succede spesso, troppo spesso, quando un musicista di estrazione jazz si misura col digital-urban-contemporaneo).
Nei momento meno riusciti, Anì è un disco che ricorda gli Oregon, e già così è tanta roba. Nei momenti più riusciti, dà l’idea che la scena jazz italiana possa finalmente guadagnare non solo e non tanto un sassofonista e compositore appropriato, ma semmai uno di quei personaggi capaci di alzare l’asticella e portarci lì dove non ci saremmo mai aspettati di arrivare – ma dove avremmo sempre voluto essere. © Damir Ivic/Qobuz
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Raffaele Casarano, Composer, MainArtist - Mirko Signorile, Soloist, FeaturedArtist - Bonnot, Soloist, FeaturedArtist - Alessandro Monteduro, Soloist, FeaturedArtist - Marco D'Orlando, Soloist, FeaturedArtist
2022 Tǔk Music 2022 Tǔk Music
Raffaele Casarano, Composer, MainArtist - Mirko Signorile, Soloist, FeaturedArtist - Bonnot, Soloist, FeaturedArtist - M1 Dead Prez, Lyricist, Soloist, FeaturedArtist - Alessandro Monteduro, Soloist, FeaturedArtist - Marco D'Orlando, Soloist, FeaturedArtist
2022 Tǔk Music 2022 Tǔk Music
Raffaele Casarano, Composer, MainArtist - Dhafer Youssef, Lyricist, Soloist, FeaturedArtist - Mirko Signorile, Soloist, FeaturedArtist - Bonnot, Soloist, FeaturedArtist - Alessandro Monteduro, Soloist, FeaturedArtist - Marco D'Orlando, Soloist, FeaturedArtist
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Raffaele Casarano, Composer, MainArtist - Mirko Signorile, Soloist, FeaturedArtist - Bonnot, Soloist, FeaturedArtist - Alessandro Monteduro, Soloist, FeaturedArtist - Marco D'Orlando, Soloist, FeaturedArtist
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Approfondimenti
Certe volte quando si prova a realizzare un disco particolarmente ambizioso, mettendoci magari tre o quattro anni per farlo, si rischia di fallire: troppa voglia di “volare alto”, di andare oltre alle proprie abitudini consolidate, ai propri riferimento ed ai propri limiti, ed anche troppa insistenza nel lavorare, rilavorare e rilavorare ancora le cose, rischiando una sovrabbondanza barocca o comunque stucchevole per eccesso di stratificazione e/o levigatura. Ecco: tutto questo c’era come rischio, per Anì di Raffaele Casarano, il nuovo album del sassofonista pugliese. Eccome. Tanto più che già il fatto di intitolare questo lavoro alla figlia, Anita, aggiungeva come ovvio ulteriore pressione emotiva per fare le cose meravigliosamente bene: se dedichi un tuo lavoro alla cosa più preziosa che hai, non puoi che chiedere a te stesso il meglio, impietosamente. In più, a complicare le cose, la voglia di percorrere come non mai le strade della contemporaneità, con il digitale, con l’hip hop che fa capolno – e questo da sempre è per il jazzista un’arma a doppio taglio, può venire fuori bene, può venire fuori un lavoro un po’ da “apprendista”, perché il jazz è una musica maledetta, richiede così tanta competenza tecnica di per sé da rendere difficile il saperci sposare anche una competenza “pop” (o “rock”, o “techno”, o “rap”) che sia reale, fluida, competente, sentita.
Insomma: c’erano mille motivi per cui Anì di Casarano potesse essere un tentativo nobile ma fuori fuoco, appesantito dall’ambizione. Invece, quello che è venuto fuori è con ogni probabilità il suo lavoro migliore. Quello più sfaccettato ma anche e soprattutto quello più incisivo, più interessante. Resta centrale la sua caratteristica più connotante: l’eleganza. Caratteristica che è stata la sua fortuna ma ogni tanto anche un limite, con una musica che qua e là era prigioniera della sua appropriatezza e non riusciva a spiccare il volo, ad entrare nei mari del coraggio e di un vero “livello superiore”. Pungolandosi da solo con un lavoro non scontato sull’elettronica (davvero ben fatti i pad atmosferici, e di grandissima qualità le linee di basso synth, a occhio la collaborazione di Nils Petter Molvaer con Sly & Robbie è stato un benchmark ben presente), accompagnato da prestazioni davvero ottime di Mirko Signorile al piano e Marco D’Orlando alla batteria, Casarano in più di una occasione il “livello superiore” lo ha qui raggiunto davvero. Vale per l’iniziale A piedi nudi, vale per Malaspina, vale per Julia, e volendo vale anche per la bellissima “sospensione” finale Trance In Space. Il dialogo artistico con Dhafer Youssef – con la sua voce e con il suo oud – funziona poi sempre alla perfezione, nelle tracce in cui entra in causa, ed anche l’esperimento/azzardo della contaminazione con l’hip hop non è male (con Bonnot e M-1 dei Dead Prez), tutt’altro, non affonda forse il colpo come potrebbe ma nemmeno deraglia o scompare dietro il didascalismo (cosa che invece succede spesso, troppo spesso, quando un musicista di estrazione jazz si misura col digital-urban-contemporaneo).
Nei momento meno riusciti, Anì è un disco che ricorda gli Oregon, e già così è tanta roba. Nei momenti più riusciti, dà l’idea che la scena jazz italiana possa finalmente guadagnare non solo e non tanto un sassofonista e compositore appropriato, ma semmai uno di quei personaggi capaci di alzare l’asticella e portarci lì dove non ci saremmo mai aspettati di arrivare – ma dove avremmo sempre voluto essere. © Damir Ivic/Qobuz
A proposito dell'album
- 1 disco(i) - 8 traccia(e)
- Durata totale: 00:36:47
- Artisti principali: Raffaele Casarano
- Compositore: Raffaele Casarano
- Etichetta: Tuk Music
- Genere: Jazz
2022 Tǔk Music 2022 Tǔk Music
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