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E se fosse il jazz a salvare il pop italiano? Ammesso e non concesso che il pop italiano debba essere salvato, naturalmente; ma è indubbio che se si vuole riscattare da un destino di formule-sempre-uguali (almeno finché funzionano) e dall’eterno tornare sempre e solo alla matrice battistiana (vale soprattutto per il contesto un tempo indie), e se non si accetta che per forza si pieghi al suono “medio” spruzzato di urban music da classifica, quello anabolizzato dalla tecnologia ma mai troppo estremo nelle frequenze per non spaventare l’ascoltatore medio, una via davvero interessante da seguire è quella rappresentata da Oliphantre. Un lavoro confezionato da tre musicisti di estrazione, prima di tutto, jazzistica.
Con la leadership di Francesco Diodati, che si appoggia sulla acrobatica voce della francese Leïla Martial e sull’architettura percussiva dell’amico e compagno d’avventure di lungo corso di Stefano Tamborrino, ciò che arriva finalmente nei nostri ascolti – la gestazione del progetto è stata infatti lunga, sono anni che si parla di un disco dei tre e sono mesi che si è aspettata la piena commercializzazione dell’album fatto e finito – è davvero sorprendente. Sorprendente, perché è pop.
…un pop intelligentissimo e clamorosamente irregolare, ovvio. Ma è davvero notevole come una musica atipica nell’organico (voce, batteria, e una chitarra a fare le veci anche del basso ed ogni tanto delle tastiere), nella struttura (brani lunghi, non certo la classica strutture strofa-ritornello da due minuti, due minuti e mezzo oggi imperante) e nel timbro (secco ed essenziale) riesca ad essere così comunicativa e così competente nell’accumulare sotto un unico, fluente cappello una serie di canzoni (sì: canzoni) e di riferimenti che esulano completamente dal campo del jazz puro e, invece, richiamano piuttosto il Peter Gabriel pop-ma-colto degli anni ’80 (Don’t Ask), il nu rock dei ’90 (Lines o Young At Heart), il post rock à la Tortoise (Creatures), l’hip hop raffinato e sincopato di Jay Dee (di nuovo Lines). Tutto questo però attenzione non con sfoggio di ostentata intelligenza e competenza, ma piuttosto in modo naturale, naturalissimo. Scorrevole. Notevolmente scorrevole. Da qui, la convinzione che questo disco lo si possa (anche) definire pop. Lo è. Sotto molti punti di vista.
Fosse questo il pop del futuro prossimo venturo? Quello ci farà superare questa fase di artisti (ex) indie diventati popolari e, musicalmente, un po’ prevedibili? Quello che recupera competenza tecnica nel suonare e nel comporre, ed anche una bella dose di coraggio? Ora vediamo quale strada sceglierà Diodati: se ritornare nell’alveo del jazz un po’ più tradizionale (dove è comunque sempre una forza atipica e molto creativa), oppure spingere ancora di più la sua vena cantautoriale. Quello che è certo è che Oliphantre è uno dei dischi più interessanti usciti in questo 2022. Complimenti. © Dmir Ivic/Qobuz
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Leïla Martial, MainArtist, AssociatedPerformer - Stefano Tamborrino, MainArtist, AssociatedPerformer - Jazz Engine, MusicPublisher - Marco Valente, Producer - Francesco Diodati, Composer, Lyricist, Producer, MainArtist, AssociatedPerformer
2022 Jazz Engine / Auand 2022 Jazz Engine / Auand
Leïla Martial, MainArtist, AssociatedPerformer - Stefano Tamborrino, MainArtist, AssociatedPerformer - Jazz Engine, MusicPublisher - Marco Valente, Producer - Francesco Diodati, Composer, Lyricist, Producer, MainArtist, AssociatedPerformer
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Approfondimenti
E se fosse il jazz a salvare il pop italiano? Ammesso e non concesso che il pop italiano debba essere salvato, naturalmente; ma è indubbio che se si vuole riscattare da un destino di formule-sempre-uguali (almeno finché funzionano) e dall’eterno tornare sempre e solo alla matrice battistiana (vale soprattutto per il contesto un tempo indie), e se non si accetta che per forza si pieghi al suono “medio” spruzzato di urban music da classifica, quello anabolizzato dalla tecnologia ma mai troppo estremo nelle frequenze per non spaventare l’ascoltatore medio, una via davvero interessante da seguire è quella rappresentata da Oliphantre. Un lavoro confezionato da tre musicisti di estrazione, prima di tutto, jazzistica.
Con la leadership di Francesco Diodati, che si appoggia sulla acrobatica voce della francese Leïla Martial e sull’architettura percussiva dell’amico e compagno d’avventure di lungo corso di Stefano Tamborrino, ciò che arriva finalmente nei nostri ascolti – la gestazione del progetto è stata infatti lunga, sono anni che si parla di un disco dei tre e sono mesi che si è aspettata la piena commercializzazione dell’album fatto e finito – è davvero sorprendente. Sorprendente, perché è pop.
…un pop intelligentissimo e clamorosamente irregolare, ovvio. Ma è davvero notevole come una musica atipica nell’organico (voce, batteria, e una chitarra a fare le veci anche del basso ed ogni tanto delle tastiere), nella struttura (brani lunghi, non certo la classica strutture strofa-ritornello da due minuti, due minuti e mezzo oggi imperante) e nel timbro (secco ed essenziale) riesca ad essere così comunicativa e così competente nell’accumulare sotto un unico, fluente cappello una serie di canzoni (sì: canzoni) e di riferimenti che esulano completamente dal campo del jazz puro e, invece, richiamano piuttosto il Peter Gabriel pop-ma-colto degli anni ’80 (Don’t Ask), il nu rock dei ’90 (Lines o Young At Heart), il post rock à la Tortoise (Creatures), l’hip hop raffinato e sincopato di Jay Dee (di nuovo Lines). Tutto questo però attenzione non con sfoggio di ostentata intelligenza e competenza, ma piuttosto in modo naturale, naturalissimo. Scorrevole. Notevolmente scorrevole. Da qui, la convinzione che questo disco lo si possa (anche) definire pop. Lo è. Sotto molti punti di vista.
Fosse questo il pop del futuro prossimo venturo? Quello ci farà superare questa fase di artisti (ex) indie diventati popolari e, musicalmente, un po’ prevedibili? Quello che recupera competenza tecnica nel suonare e nel comporre, ed anche una bella dose di coraggio? Ora vediamo quale strada sceglierà Diodati: se ritornare nell’alveo del jazz un po’ più tradizionale (dove è comunque sempre una forza atipica e molto creativa), oppure spingere ancora di più la sua vena cantautoriale. Quello che è certo è che Oliphantre è uno dei dischi più interessanti usciti in questo 2022. Complimenti. © Dmir Ivic/Qobuz
A proposito dell'album
- 1 disco(i) - 7 traccia(e)
- Durata totale: 00:39:35
- Artisti principali: Francesco Diodati Leïla Martial Stefano Tamborrino
- Compositore: Francesco Diodati
- Etichetta: Auand Songs
- Genere: Jazz Jazz contemporaneo
2022 Jazz Engine / Auand 2022 Jazz Engine / Auand
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