A più di otto anni dalla sua scomparsa, non si può dimenticare quella fonte vitale di musica che è stato il lavoro di J.J. Cale. Con la sua fusione unica di blues, folk, country e jazz, quest'uomo venerato da Eric Clapton, che visse per un po' anche in un trailer-park, continua ad essere uno degli asceti più influenti del rock.

Nessuna droga, niente sesso, niente prigione, nessuna disavventure o storie piccanti. Nulla in assoluto! La vita di JJ. Cale, come la sua carriera, fu un navigare in pace e piuttosto a lungo... Settantaquattro anni di tranquillità e un’influenza enorme sui suoi contemporanei. Anche in studio, questo eremita dai capelli lunghi non ha mai perso la vena creativa: lascia dietro di sé una dozzina di album in studio. Ma se JJ. Cale è oggi più cruciale che mai, questo è perché fu molto più di un semplice bluesman. Posto che sia di blues che dobbiamo davvero trattare…

J.J. Cale aveva uno stile tutto suo. Era una fenomeno. Delicato, fine, tranquillo, rilassato, pigro e, soprattutto, laid back (ma non in senso erotico!): questo fu lo spirito della sua musica. La musica andava in secondo piano rispetto alla sua meditata nonchalance, che Cale curò facendone il suo standard, una filosofia di vita, se vogliamo, molto diversa da quella dei suoi contemporanei.

Immediatamente riconoscibile per la voce sommessa, sussurrata di Cale, che parla direttamente all’orecchio. È una voce più vicina alle dolce carezze di Mississippi John Hurt che alla ruvidità di Howlin’ Wolf. Infine, c'è quella drum-machine che compare qua e là, altro componente importante del suono di J.J. Cale. Tra il 1972 e il 1979 registrò cinque album meravigliosi: Naturally (1972), Really (1973), Okie (1974), Troubadour (1976) e 5 (1979), e fu attento a tenere il suo volto lontano dalle copertine dei suoi dischi. Luci della ribalta, tappeti rossi, premi: non era proprio il suo stile...